Page 36 - Lago_Fucino
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Proseguendo verso levante si incontra Celano, che donò al mondo il vescovo scrittore, Pietro Corsignani.
                   Celano, con il suo forte castello, s'innalzava su una vetta del Monte Tino. Il conte Tommaso di Celano e
                   Molisio (titolo che acquisisce sposando Giuditta figlia di Ruggero Di Mandra), questi era anche quel Tommaso
                   che nel 1222 liberò al bottino le sue orde vandaliche su Paterno e lo incendiò. Con il favore del padre Pietro,
                   allora Giustiziere, si dichiarò a favore di Ottone IV di Brunsvick (che era stato incoronato imperatore e in seguito
                   scomunicato dallo stesso papa Innocenzo III°) e contro Federico II° della famiglia Sveva degli Hohenstaufen.

                                                                     Nell’anno 1223, Federico II° «1194 – 1250»
                                                                  “fondatore della città di: L’Aquila, che, fino alla sua
                                                                  morte, venne chiamata “Città di Federico”.
                                                                   Per rivalsa, Questi li assediò e si impossessò di
                                                                  Celano e del suo grande castello. La vendetta di
                                                                  Federico a dir poco fu terrorizzante, tantoché:
                                                                  – fece demolire il paese dalle fondamenta –
                                                                  preservando  solo  la  chiesa  della  comunità  dei
                                                                  credenti,  allora  San  Giovanni  Evangelista,
                                                                  oggi Madonna Delle Grazie. Dopo aver fatto
                     C CC Celaelano no                            passare per filo di arma bianca tutti gli abitanti
                       elaelano no
                                                                  caduti nelle sue grinfie, abbindolò i fuggiaschi e,
                                                                        ( )
                   con la complicità del suo disonesto luogotenente  Enrico Di Morra  * , con il pretesto di riportarli di nuovo
                   in  paese,  li  fece  prigionieri  e,  con  imbarcazioni  sdrucite,  da  questi,  condurre  nelle  più  malsane  coste  di
                   Malta, in Calabria, e della Sicilia. Lo sdegno di Federico per i celanesi durò per parecchio tempo. Fu solo
                   nell’anno 1227 che acconsentì ai superstiti esiliati di ritornare nella terra d'origine, con l'obbligo però, di non
                   riedificare più la città sul vecchio suolo, e non doverla chiamare mai più Celano ma Cesarea.

                   Dopo la caduta del conte Tommaso, Federico D’Antiochia, figlio di Federico II°, avuto dalla principessa
                   Beatrice D’Antiochia, riunì sotto il suo dominio, le contee di Celano e di Alba. Solo dopo l’avvenuto
                   sonno  definitivo  di  Federico  II°,  con  l’istituzione  dei  Giustizierati  che  avevano  inserito  la  Marsica
                   nell’Aprutium; Ruggero, figlio di Tommaso e Giuditta di Molise, con l’appoggio del papa Innocenzo
                   IV, si riapproprierà dei beni e consegnerà alla città di Cesarea il vecchio nome e, da quel momento, gli
                   abitanti di Cesarea, in ricordo del paese distrutto, iniziarono a chiamare questo insediamento: Celano.

                     Durante tutto il Medioevo, dopo la caduta di Marruvium e di Alba, Celano divenne la città ed il centro
                   più prestigioso della Marsica. Fu Antonio Piccolomini, duca di Amalfi e di Celano che verso la fine del
                   XIV  secolo,  incominciò  ad  edificare  l'odierno  castello  che,  nel  1541  portò  a  termine  il  conte Lionello
                   Acclozamora. Questo all'epoca era il più imponente e forte maniero di tutta quella regione, ma c’è di
                   più, le sue torri dominavano tutto il piano, fino a Tagliacozzo; dominio che per secoli fu chiamato “Il
                   piano di Celano” il quale, a Nord dei Monti Cupoli e Tino, quest’ultimo, a Celano solitamente chiamato,
                   La Serra, alto circa 2.000 metri: “Serra il varco agli invasori.” Celano diede anche il suo nome al Lago,
                   nome che rimase per diversi anni. Dopo la conquista del Regno di Napoli, Carlo I° D’Angiò donò questa
                   Città,  ad  uno  dei  suoi  più  valenti  e  fedeli  cavalieri,  detto  Accroche  Mur,  soprannome  che  deriva  dalla
                   destrezza e dall’ardimento dimostrato negli assalti.

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                   *  DI MORRA, a Celano, e anche nella Marsica, è ancora in uso il detto: «Tu, non sei cane di morra» che,
                   tranne pochissimi, forse nessuno, sa o ricorda più, cosa significava all'origine questo detto:
                   «stava ad identificare quei Celanesi che, fortunatamente, erano sfuggiti alle lusinghe del luogotenente “Di Morra”»

                   Dopo Celano, più ad Est, ci sono i paesi: Aielli, una volta Angellum; e poi Cerchio. Gli etimologisti dicono
                   che il nome Cerchio viene da Circe, sorella di Oete e moglie di Minosse da cui i Marsi discenderebbero.

                      A meno di 10 kilometri da Cerchio, c’è Pescina, dove il 14 Luglio 1602 durante il viaggio di Olimpia
                   Bufalini e Pietro, venne alla luce il “facchino” Giulio Raimondo Mazzarino, che sarà cardinale e successore di
                   Richelieu. Sotto Luigi XVI, toccò il più alto grado di governo. Pescina è bagnata dall’antico fiume “Giovenco”,

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                        Pescinaescina
                        PescinaPescina














                   in altri tempi chiamato « Pitonius». Ha dato vita al poeta, Paolo Marso, che commentò: i Fasti di Ovidio
                   ed allo scrittore, Ignazio Silone, celebre per i suoi scritti e particolarmente per il libro: Fonte Amara.
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