Page 40 - Lago_Fucino
P. 40

Il Funzionamento degli argani sui pozziIl Funzionamento degli argani sui pozzi
                                   I
                                   Il Funzionamento degli argani sui pozzil Funzionamento degli argani sui pozzi


                     Due argani erano collocati sopra ad ogni pozzo coperti
                   da una piccola pensilina, ognuno composto da un albero
                   verticale,  sostenuto  da  un  perno  di  ferro  che  passava
                   sopra un dado di bronzo, ed armato da un cilindro nella
                   parte superiore, intorno al quale si avvolgeva una fune che
                   scorreva nella gola d’una carrucola: ciascuno dei due capi,
                   a cui, a un uncino di ferro era agganciata una secchia di
                   rame rosso, che saliva e discendeva in uno dei quattro
                   scompartimenti  del  pozzo.  La  secchia  di  forma  troco
                   conica, era cerchiata e rinforzata da larghe fasce di ferro. Il
                   manico  pure  di  ferro,  aveva  nella  sommità  un  occhiello,
                   che  riceveva  l’uncino  fissato  all’estremità  della  corda.  La
                   capacità delle secchie era di circa 40 litri e con esse si
                   salivano gli sterri dai pozzi e dalla sottostante galleria, e si
                   facevano  discendere  i  materiali  di  costruzione.  I  due
                   argani erano azionati da uomini che facevano girare per
                   mezzo di sbarre di legno infilate nell’albero del tutto simili
                   ai  razzi  infilati  nei  mozzi  delle  ruote  dei  carretti  senza  il
                   cerchio esterno. Ogni pozzo aveva un servizio di quattro
                   secchie,  ordinato  in  modo  che,  mentre  si  riempiva  una   S
                                                                     Schiavi addetti agli Arganichiavi addetti agli Argani
                   secchia nella galleria, un’altra saliva piena, la terza veniva   Schiavi addetti agli ArganiSchiavi addetti agli Argani
                   svuotata nella superficie e la quarta discendeva piena
                   di materiale per la costruzione oppure vuota. I due argani di ogni pozzo erano in continua attività. Tutti
                   questi particolari sono desunti da un bassorilievo ritrovato durante i lavori di costruzione del nuovo
                   Emissario Torlonia. Questo bassorilievo, doveva forse far parte di un monumento innalzato davanti
                   la testa dell’Emissario.

                   I Il Pozzo Del Pozzo Dell’Oliararoll’Oliararo
                   Il Pozzo DeIl Pozzo Dell’Oliararoll’Oliararo
                                               — —— —      Questa storiaQuesta storia  è stata riferita dal Signor Silvio Giovannone di Lucoè stata riferita dal Signor Silvio Giovannone di Luco  ——
                                                Questa storiaQuesta storia  è stata riferita dal Signor Silvio Giovannone di Lucoè stata riferita dal Signor Silvio Giovannone di Luco  ——

                   A meno di due chilometri da Luco Dei Marsi, nella località conosciuta come la Petogna, dove esistono
                   ancora,  oggi  parzialmente  ostruite,  le  famose  fessure  naturali,  chiamate  altresì  inghiottitoi;  nella  parte
                   sovrastante di queste spaccature del massiccio, precisamente al disopra dei declivi del Monte Salviano, si
                   rinviene il famoso Pozzo Dell’Oliararo. Questa voragine nella roccia è molto profonda, tantoché, se vi si
                   fa cadere dentro una pietra, il rumore d’impatto si ode solo dopo qualche minuto.

                   Subito dopo la bonifica dell’alveo del Lago Fucino, alla comparsa delle fertilissime terre emerse dalle acque,
                   il territorio limitrofo di tale Pianura agricola, già popolata, si incrementò di circa 50.000 persone giunte da
                   ogni dove Italia. È naturale che questa nuova marea umana, iniziò a trarre vantaggi dalla nuova fertile terra.
                   Queste genti, trasformarono subito le proprie condizioni di vita, non solo sociali ma soprattutto economiche
                   e, conseguentemente, con il benessere acquisito, iniziarono a richiedere prodotti e servizi di ogni genere.

                   Nei paesi attorno alla fruttuosa Pianura Del Fucino, si insediarono anche venditori girovaghi, artigiani, e
                   commercianti, i quali offrivano merci e prestazioni di qualsiasi genere: vendita di bestiame, attrezzi, vino,
                   olio, castagne, formaggi, utensili, piatti, bicchieri, posate, indumenti di ogni tipo, scarpe, mobilio ed altro.

                                       Tra i numerosi venditori ambulanti, c’era: l’Oliararo che, una volta la settimana,
                                       visitava, a turno, tutti i centri abitati della Pianura Del Fucino. L’Oliararo, dopo
                                       avere indossato un lungo camice, calzate le ciocie ai piedi e caricato sulla schiena
                   una capace tanica piena d’olio, partiva dalla “Vallata” — Valle Del Liri — e nei giorni stabiliti, attraversava
                   a piedi i Campi Palentini, quindi, per recarsi a Luco Dei Marsi, saliva il Monte Salviano, e lo discendeva.
                   Lì giunto, per vendere e rifornire d’olio alimentare i suoi clienti, passava per le strade del paese gridando:
                            – « è arrivato l’Oliararo! ecco l’olio! ecco l’olio della Vallata! l’Oliararo se ne và! »

                             L’Oliararo era conosciuto dagli abitanti del circondario della Pianura Del Fucino.

                      Una notte, una brutta notte, l’onesto e familiare Oliararo della Vallata, dopo aver fatto chilometri e
                    chilometri a piedi per le vie di Luco Dei Marsi con la tanica dell’olio sulle spalle, riprese il lungo e faticoso
                               percorso per tornare dai suoi cari che, come sempre, lo aspettavano con ansia.

                         “— Quella notte non c’era la Luna a rischiarare il cielo ma un’improvvisa pioggia dirotta — ”

                                forse, stremato dalla fatica, per distrazione, oppure per qualsiasi altro motivo;
                                      fatto sta, che nessuno ha mai saputo come sia potuto accadere;

                      nell’oscurità totale, interrotta solo dal’accecante bagliore dei fulmini e dal terrificante boato dei tuoni,
                               precipitò dentro un pozzo che lo immortalò per sempre, perché da allora in poi,
                                  a ricordo perenne, quel pozzo, fu chiamato il — Pozzo Dell’Oliararo —
   35   36   37   38   39   40   41   42   43   44   45