Page 30 - Lago_Fucino
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                   Nota N° (1)
                   A proposito del cambiamento climatico che, nella Marsica, “sarebbe” stato provocato dal prosciugamento
                   del  Lago Fucino, è bene sapere che è ampiamente documentato che negli anni: 1117, 1159, 1167, 1225,
                   1226, 1325, 1595, 1638, 1683, 1726, 1835, 1836, 1853, 1862, le acque del Lago Fucino si ghiacciarono.
                   Le terrificanti gelate, distrussero gran parte dei già miseri raccolti e “bruciarono a ripetizione” gli oliveti, i
                   vigneti, i noceti, i mandorleti, le piante dei fichi, delle ghiande e degli altri alberi da frutta; le notizie sono
                   riportate dalle cronache di allora: Richard Keppel Craven, Escursion in the Abruzzi and Northen Provinces of Naples,
                   1837. Colantoni, Storia dei Marsi, Ediz. Carabba Lanciano 1883: Fissanova e Riccardo S. Germano: «in modo che da
                   un'estremità all'altra del Lago Fucino diacciato, si poteva attraversare a piedi»: Giuseppe Del Re. Descrizione Topografica
                   Fisica Economica Politica de' Reali Dominij al di qua del faro nel Regno delle Due Sicilie con cenni storici fin dai tempi avanti
                   il dominio de' Romani, 1835. «le sue acque durante l’inverno, rimanevano bloccate in una prigione di ghiaccio, le cui mura, si
                   spesse da potervi camminare sopra senza tema, impedivano agli uomini ogni tipo di pesca, così come accadde nel Febbraio del
                   1167. Annale Ceccanses, Monumenta Germaniae Historiae. Schopenhauer: «Le acque del lago Fucino agghiaddarono in modo
                   tanto profondo per il ghiaccio, che la maggior parte de' pesci morti o intermentiti ne rimasero»: Riccardo Di Giacomo Cessinese,
                   scrisse: «In quest’anno 1225 il lago Marso che viene chiamato Fucino, gelò fino al punto che gli uomini che vi passavano sopra
                   si trascinavano dietro i buoi con travi e ogni altro tipo di legname».

                   Si deve inoltre considerare che nell'Aprile del 1815, dal vulcano Indonesiano Tambora, furono emessi oltre
                   450 G (giga) - corrispondenti a 450 miliardi - di metri cubi di materiali misti a ceneri sottili come la cipria che
                   raggiunsero  la  stratosfera  causando  il  parziale  offuscamento  del  Sole  e  la  conseguente  diminuzione  della
                   temperatura terrestre; tantoché l'anno successivo alla spaventosa eruzione, venne ricordato sia in Europa che
                   in America come: «l'anno senza estate» o «l'anno morto di freddo»; a New York, nel mese di Giugno, si verificarono
                   diverse  nevicate.  In  Francia,  per  le  basse  temperature  e  la  scarsità  dei  raccolti,  si  ebbero  conseguenze
                   drammatiche. Queste condizioni si protrassero per diversi anni non solo in America, ma anche in Europa,
                   Italia compresa e, di conseguenza nella Marsica.
                   I “profeti di sventura” (sapienti di allora, presuntuosi non meno di quelli di oggi), non essendo capaci di capire i veri
                   motivi della diminuzione della temperatura nel Pianeta, vollero subito un “capro espiatorio” Ci fu persino
                   chi tirò in ballo le “collere celesti” e, nella Marsica, il prosciugamento del Fucino, mentre in America
                   e  in  Europa,  si  accusò  indirettamente  lo  scienziato  Beniamin  Franklin,  di  avere  con  l’invenzione  del
                   parafulmine, sottratto alla Terra una quantità di corrente elettrica tale da provocare il cambiamento
                   del clima. Solo diverso tempo dopo – non loro – ma altre persone compresero le vere cause.
                   Da notare che a quei tempi, non si parlava ancora di inquinamento, di effetto serra, d'anidride carbonica, di
                   buco nell'ozono, di erosione dei terreni, di scioglimento dei ghiacciai, di desertificazione, di piogge acide, di
                   polveri sottili, smog, rifiuti tossici e, tantomeno di CO2. Oggi invece al contrario di ieri, è tutto uno smisurato
                   disquisire sul surriscaldamento globale del pianeta. Si invocavano troppo prima e si continua a parlare ancora
                   oggi, purtroppo, solo di “capri espiatori”, invece di capire i fenomeni e le giuste cause che li hanno generati
                   e, conseguentemente studiare i rimedi che, giudiziosamente, per quanto possibile, si possono applicare.
                   Risulta pertanto chiaro, lampante e senza la minima ombra di dubbio che, le basse temperature verificatesi
                   sia prima del prosciugamento che dopo, non avevano nessuna relazione con la presenza o meno dell'acqua
                   del lago, ma erano fenomeni del tutto estranei, legati anche e soprattutto alla “Piccola età glaciale” che in
                   quell’epoca si stava attraversando. Per quanto concerne poi la tanto - osannata mitigazione climatica - di
                   quelle  acque:  non  si  devono  trascurare  i  dati  raccolti  con  esattezza  negli  inverni  del  1834,  1835  e  1836,
                   particolarmente nei mesi da Novembre a Marzo, in cui il clima fu così rigido che: le acque del Lago Fucino
                   rimasero  completamente  ghiacciate  per  un  mese  intero:  Carlo  Afan  De  Rivera,  Progetto  della  Restaurazione
                   dell'Emissario di Claudio e dello Scolo del Fucino, pagina 207, stampato in Napoli nel 1836.
                       Se quanto sin'ora riferito e documentato, non fosse ancora esauriente, per concludere, si può scorgere
                   conferma dal famoso detto ancora oggi in uso nella Marsica: «Una volta sola ci passò Carlo per Fucino».
                   Che sta a ricordare la triste esperienza di quando, Carlo 1  ° D'Angiò, con il suo esercito - cavalleria compresa -
                   passò sulle acque del Lago Fucino completamente congelate... «e allora? In tutti quegli anni, con gli
                   inverni così freddi: Quale clima circostante “temperavano” le acque gelate di Quel lago?»

                   Nota N° (2)
                       Quando c'era il Lago Fucino, solo in alcuni luoghi esposti a Sud del suo circondario potevano essere
                   coltivati gli alberi di ulivo, ma pur sempre con redditi da fame, ed è per tale motivo che in seguito, quelle
                   piante verranno man mano abbandonate e poi sradicate per far posto ai vitigni che davano la possibilità di
                   bere qualche misero bicchiere di vino (citella). Dopo lo scolo dell'acqua dall'alveo del Lago e alla comparsa
                   di quella che è la Terra più fertile d'Italia, le scarne coltivazioni poste sui terreni scoscesi delle colline e quelle
                   abbarbicate sulle aride e pietrose scarpate e sulle montagne vennero per sempre abbandonate; cosa che oggi
                   è possibile riscontrare non solo nella Marsica, ma dappertutto e in tutta Italia. Una trentina di anni or sono,
                   per tradizione, sono state messe a dimora delle piante di ulivo, alle pendici delle Colline Della Bellezza
                   (sotto  i  Tre  Monti),  esposte  a  sud  della  “Pianura  Del  Fucino”.  Tale  luogo,  sia  al  tempo  che  dopo  il
                   prosciugamento del Lago, ospitava già qualche centinaio di piante di ulivo che furono in seguito sradicate
                   per impiantarvi dei vigneti. Questo posto si chiamava e tutt'ora porta il nome di: Oliveto. Oggi a distanza di
                   quasi 150 anni dal prosciugamento: le piante fruttificano e, checché se ne dica, godono di buona salute.
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