Page 27 - Lago_Fucino
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Carlo Afan De Rivera, nel pubblicare la sua opera riuscì ad azzittire tutti quelli che,
con i loro articoli suggestionavano l’opinione pubblica, rendendola vittima della propria
inconsapevolezza. Nel 1824 tale genere di pubblicazione, gli fece conferire le nomine
di Direttore Generale di Ponti e Strade, delle Acque e Foreste e della Caccia.
A Ferdinando II° successe Francesco I° e, il Direttore di Ponti e Strade, consigliò al
novello regnante, per assicurarsi la simpatia dei Marsicani, lo studio per il restauro
dell’Emissario di Claudio. Ricevuta l’approvazione, nel 1825 fece controllare tutte le
parti accessibili dell’Emissario, ricevendo anche 10.000 ducati. Per compiere i lavori,
collaborò attivamente con i migliori ingegneri della sua amministrazione, affidando
all’ing. Luigi Giura la direzione dei lavori. Nel 1835 si iniziò lo sgorgo dell’Emissario
che comportò notevoli difficoltà. La ripulitura venne completata nello stesso anno.
L’opera eseguita dal direttore del Genio Civile, Carlo Afan De Rivera e dall’ingegner
Giura, offrì i mezzi per redigere un progetto per prosciugare il Lago Fucino, progetto
che l’abile Direttore di Ponti e Strade, compilò e pubblicò nell’anno 1836 con il titolo:
Progetto della Restaurazione dell’Emissario di Claudio e dello Scolo del Fucino (19) .
Carlo Afan De Rivera era commendatore, aveva il grado di maggiore del Genio Civile
ed era il direttore di Ponti e Strade del Regno di Napoli. «A seguito della realizzazione
del Libro da Lui scritto, che è da considerare come “Tesi” di laurea in Ingegneria che:
per completezza ed eccellenza dell’Opera, merita non solo il massimo dei voti ma,
anche la Lode. Perciò, da adesso in poi sarà chiamato: Ingegnere».
Questo progetto venne sottoposto all’esame del Consiglio Superiore, che lo approvò
dopo due anni. La Consulta di Stato e del Reale Decreto, in data 17 Luglio 1838,
approvava la restaurazione dell’Emissario di Claudio da realizzare a spese dello
Stato, però, questo si riservava di cederla a privati. Nel frattempo a Napoli si dibatteva
tra la proposta dell’ing. Giura, alla quale aderiva anche Ferdinando II° che desiderava
la bonifica integrale dell’alveo del Lago, eseguito da privati e, quella dell’ingegnere
Afan De Rivera che chiedeva che il prosciugamento fosse fatto a spese dello Stato.
Intanto gli abitanti della Marsica, a seguito del rialzarsi del livello delle acque al punto
di essere inghiottiti del lago, rinnovavano suppliche e lagnanze al Governo.
Le conseguenze degli avvenimenti del 1848 e ’49 e ancor più gravi del 1850 e ’51
fecero dimenticare i lavori del Fucino.
Nel 1846 ci fu un decrescimento che s’interruppe poi nel 1850; subito dopo seguì una
nuova risalita; per tali motivi, i Marsicani replicarono al Re e al Ministero le suppliche
sempre più accorate. Questa volta i ripetuti lamenti mossero l’animo di Ferdinando II°,
che si era finalmente liberato dalle inquietudini dei moti del 1848; perciò a seguito
delle continue insistenze del 1850 e 1851 dei Marsicani, il Re, conoscendo la storia di
Claudio e non volendo lui creare un nuovo Narciso, preferiva affidare l’opera del
prosciugamento del Fucino ad una compagnia privata. Ordinò al Direttore Generale
dei Lavori Pubblici di indire una gara d’appalto, affinché qualcuno potesse presentare
l’offerta. Alla gara rispose il conte, Thomas Auguste Dagiout, un francese domiciliato
a Napoli che, dopo avere visionato il progetto, nel Febbraio del 1852 presentò al Re
una domanda di concessione, con la quale si vincolava a svolgere le opere a rischio e
pericolo della Società che andrebbe a costituire, a condizione però che tutte le terre
prosciugate, emerse dalle acque, rimanessero proprietà del concessionario.
Con Sovrana risoluzione presa nell’ordinario Consiglio di Stato, del 26 Aprile dello
stesso anno, si consentiva il restauro dell’Emissario di Claudio ed il prosciugamento
integrale del Lago Fucino, concedendo in cambio tutti i terreni emersi dalle acque.
Con la concessione si faceva obbligo al Conte di costituire entro un anno, una Società
che doveva chiamarsi “Anonima Regia Napolitana” con sede nel Regno e se, in tale
termine, non si fossero iniziati i lavori, la concessione sarebbe stata annullata.
Frattanto i dirigenti amministrativi del Governo, sovente indegni, oltre che incapaci,
indispettiti perché non avevano potuto mercanteggiare nulla per proprio conto in
merito a questa attribuzione. Rassegnati che, sarebbe stato difficilissimo o addirittura
impossibile, far rimuovere il Re dalla presa deliberazione, sottoposero la concessione
ai più ponderosi presupposti in modo da impressionare il concessionario e, mandare il
tutto a “carte quarantotto” vale a dire a vuoto.