Page 24 - Lago_Fucino
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Nel 1789, l’architetto Stile si recò nel Fucino: constatate le condizioni degli abitanti e
studiati i mezzi per porvi riparo, inviò al Re una dettagliata relazione, nella quale
segnalava come le principali difficoltà per il prosciugamento delle acque del Lago,
provenivano in modo particolare da squallido intereresse di quei proprietari, che, non
avevano nulla a temere dalle disastrose inondazioni. S’immaginavano, non avendo
concorrenti, di avere tutto da guadagnare dalla rovina dei loro concittadini; e con
chiarezza designa questa opposizione, che con lo scopo vile e malvagio, lavorò in
modo losco per quasi sessant’anni. Ecco un brano del resoconto:
— «D’anno in anno, come si è detto, le acque del Fucino dilatate si sono, adducendo
la devastazione delle fertili campagne dell’intorno. Taluni dei più facoltosi possidenti
vengono alla miseria ridotti, ed altri con gli occhi pieni di lagrime le acque del lago già
vicine a sommergere l’avito podere, l’unico mezzo donde ricavare il sostentamento
per i teneri figli, la consorte e i deboli genitori. Un tanto compassionevole stato mosse
l’animo dei cittadini migliori di quelle contrade, e si rivolsero a pensare ai mezzi onde
addurre riparo a si grave male, ed insieme con gli altri salvare se stessi dalla comune
ruina (rovina). Sono ben pochi i facoltosi di quelle contrade che non desiderano un tale
soccorso. Costoro sono appunto quelli che sulle altezze dei vicini colli hanno i loro
averi, onde non avendo a temere inondazioni, sperano accrescere il valore dei loro
prodotti sulla miseria dei loro compaesani. Per buona parte di questi ingrati figli non è
ferace quel suolo».
Come si desume dalla relazione, l’architetto Ignazio Stile, complimenta i prospetti per
il prosciugamento del lago e mette in evidenza quelli che pongono impedimenti per
sollevare gli abitanti che lavorano i terreni sul “bagnasciuga” del lago. Elogia altresì,
Domenico Jatosti che, a sue spese, applicò un insieme di canaletti sulla sponda della
Petogna per rendere più funzionali gli inghiottitoi naturali. Magnifica anche l’abate,
don Giuseppe Lolli, il quale sensibile dall’affetto per il suo paese, senza interruzione
prese parte attiva per il prosciugamento del lago; infatti, don Lolli è persuaso che per
sollevare i Marsi dal tormento degli allagamenti, è indispensabile ristrutturare
l’Emissario Romano; finché la sua lotta, sempre inasprita dalla sorda opposizione,
ebbe risultato felice; per tale motivo, Giuseppe Lolli: si deve considerare, il precursore
del prosciugamento del Fucino. L’architetto Ignazio Stile invece, è all'altezza ed è
degno di ben figurare negli annali e negli archivi storici dell’evoluzione dell’Idraulica.
La relazione dell’arch. Stile presenta un quadro esauriente dello stato dell’Emissario e
del prosciugamento del Fucino lago; mette soprattutto in avviso per l’insensibile e
attivissima reazione di tali: Carletti “dotto in idraulica” e del “professore” Lippi, i quali
sostenevano che era impossibile scaricare l’acqua del lago con un emissario.
La relazione dell’architetto Stile, fece decidere il Governo ad intraprendere l’espurgo
dell’antico Emissario, e nell’anno 1789 si mise mano all’opera e, giustamente, l’abate
Lolli, fu deputato a sovrintendere i lavori. Questi sotto la direzione dell’arch. Stile,
svolse un’attività senza pari, in poco tempo fece ripulire centinaia di metri all’imbocco
della galleria, i vari cunicoli e un elevato numero di pozzi, ma l’intraprendenza di don
Lolli fu ostacolata e poi fermata dai disaccordi e dalla rivoluzione Francese.
Dal 1783 al 1793, il livello dell’acqua del lago era rimasto stazionario e sebbene
nell’ultimo periodo e fino al 1816 avesse iniziato ad aumentare, l’abate Lolli si rivolse
con raccolte di firme e suppliche ai vari governi, che in quegli anni di agitazione si
succedettero nel regno di Napoli. Solo Giuseppe Bonaparte, fu interessato a questa
impresa: desiderò controllare i progetti e quanto altro, recandosi perfino sul luogo per
vedere tutto con i propri occhi, ma malauguratamente, la breve durata del suo regno
non gli permise di far riprendere i desiderati lavori.
Intanto gli avversari al prosciugamento nell’insistere nei loro intrighi, ricorsero ad ogni
mezzo, ottenendo che, il progetto dell’arch. Ignazio Stile fosse esaminato non da una
commissione di tecnici esperti, ma dall’Accademia Storica di Napoli.
Questi, nell’intento di esercitare pressioni sia sull’Accademia, sia sul Governo, tra i
quali il già citato Carletti, diffusero delle pubblicazioni povere di scienza: — Un certo
non meglio identificato “Targioni” scrisse: che un canale scoperto doveva seguire i
Piani D’Alba e Palentini. “Gaetano La Pira” invece, pretendeva di squarciare in altezza
il Monte Salviano per farvi passare il suo importante canale inabissato.