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FUCINO IL PROSCIUGAMENTO DEL LAGO
LA PIANURA DEL FUCINO
© 2009 Luigi Tudico
Video
Il Gabbiano del Fucino
Dipinto murale – Scuola Media A. Vivenza – Avezzano
Giulio Cesare: sta pensando di recuperare quel territorio fertile, prosciugando il lago Fucino
Link = Foto: Pianura Fucino
Gaius
Suetonius scrisse: per Giulio Cesare – il Grande Padre
dell’antica Roma – «il prosciugamento del Lago Fucino
rappresentava il progetto più prestigioso e straordinario
per l’ornamento di Roma, per la bellezza e la ricchezza
dell’Impero». Per questo voleva costruire un Emissario
per prosciugare l’alveo del Lago Fucino e recuperare
quel territorio fertile e tanto vasto, in quanto l’Impero non produceva sufficienti
risorse alimentari e sovente era costretto ad importare il grano dall’Egitto, dalla
Spagna, dalla Sicilia, dall’Africa, dalla Sardegna, dalla Crimea e dall’Oriente.
Il Gran Cesare, bramava altresì di innalzare a Marte il più grande tempio che sia
mai stato sino ad allora edificato.
L’abile Imperatore aveva intenzione di realizzare un porto ad Ostia e costruire una
strada che congiungesse gli Appennini dal litorale Adriatico al Tevere.
Anelava inoltre di creare un anfiteatro immenso ai piedi della Rupe Tarpea.
Era deciso anche a riformare il codice civile per eliminare tutte le leggi inservibili e
lasciare solo quelle indispensabili, descrivendole con chiarezza e precisione.
Cesare, che amava il suo Popolo, ambiva inoltre la costruzione di una grandissima
biblioteca popolare di opere Latine e Greche e porvi a capo Varrone.
Aveva in programma la bonifica delle paludi Pontine, ed infine per ridurre i pericoli
ed abbreviare la navigazione dall’Oriente: tagliare l’Istmo di Corinto; sennonché il
vile ferro dei miserabili cospiratori giunse prima di siffatti nobili ed avanguardistici
propositi, ponendo fine al Grand’Uomo ed ai suoi stupendi e lungimiranti progetti.
Dopo la morte di Cesare, i Marsi ricorsero ad Augusto, ma questi “non possedeva
il genio e le viste di Cesare” ritenne il prosciugamento del Lago Fucino una pazzia
ed arrivò persino a vietare che se ne parlasse. In seguito nulla cambiò sotto il
Sole, perché anche il truce Tiberio e il sanguinario Caligola – figlio di Germanico –
il quale aveva nominato “senatore” il suo cavallo, furono dello stesso avviso.
Roma: la padrona del mondo, rigurgitante di splendore, di gloria e di ricchezze era
la città dove sovente si pativa la fame.